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Newsletter - gennaio 2017

"O Gesù, ti sei fatto bambino per venire a cercare e chiamare per nome ciascuno di noi, Tu che vieni ogni giorno e che vieni a noi in questa notte, donaci di aprirTi il nostro cuore. Noi vogliamo consegnarti la nostra vita, il racconto della nostra storia personale, perché Tu lo illumini, perché Tu ci scopra il senso ultimo di ogni sofferenza, dolore, pianto, oscurità". (Card. Martini)

♦   Non solo i mesi, ma anche gli anni ci fanno girar pagina. Quelle della vita, a motivo della imponderabile valenza, che comunque veicolano, sono ancora le pagine più delicate, da affrontare con il miglior impegno e la più consapevole responsabilità. Ma qui si va già sul difficile. E metto volutamente sosta. Se non altro nel caso che volessi tentare di descrivere qualche variabile che finisce per segnarci l’esistenza. Ed anche perché il calo delle nascite per un verso, una diffusa e vistosa delusione che sta solcando soprattutto i cuori giovani, deprivati della gioia del futuro, un’anzianità protratta, ma gravata da non pochi problemi, sembra rendere tanto problematica la vita dei più.

♦   Il tempo passa e sembra far man bassa di speranza. Le scelte di vita pochi sembrano darsi orgogliosi di averne qualcuna ben chiara sulla scorta di molte sospensioni che sembrano solo pregiudicarle e frenarle. Ci si limita a dar risalto ai problemi, alle difficoltà, alla nessuna specifica tensione che non metta in campo il bisogno di tutto monetizzare. Cose di cui ormai si va tutti un po’ saturi e spenti. Siamo in corto evidente di speranza. Quando la speranza s’attenua, nessun futuro avanza. Ci si implode, ci si rattrista, senza un qualche colpo benefico di reni. La lagnanza, l’insoddisfazione fanno a gara nel mettersi la corona.

♦   Le feste? Rumore, dissennatezza, esperienze estreme sono l’unico coktail che faccia da richiamo. Ma tutto a respiro affannato e molto corto.

♦   La vita cristiana ha ancora qualche attrattiva? Sta venendo meno la credibilità. C’è una specie di sopportata saturazione. Anche le novità messe in campo non hanno più di tanto fascino. E poi la coerenza.

♦   C’è bisogno di una cura più efficace. Mi permetto di fare un’osservazione del tutto personale. Tra i sacramenti non corre buon sangue. Un tempo sembravano la risorsa madre. La restrizione ora è dovuta.

     Oggi stanno in grande sospensione. Ad esempio, al sacramento difficile, come si è finito per indicarlo, quello della confessione, si è cercato di por rimedio, soprattutto nelle parrocchie più corpose, mettendo in chiaro l’orario disponibile. Ma, a mio giudizio, pur se lodevole questa provvisione, la persona viene prima dell’orario. E con una vita così frammentata come la nostra, vuol dire che le persone difficilmente possono accedervi. La troppo poca disponibilità dei preti é un aspetto tuttavia ancora secondario.

     C’è ben altro: si tratta di un incontro con la misericordia. Dovrebbe averne tutti i presupposti. Anche perché sta diventando sempre più difficile la tanto insistita integrità della confessione. Cos’è il bene? E cosa sarebbe il male? Che cosa fare per una serena formazione della coscienza? Più che di un ispettore dei peccati, ci sarebbe bisogno di un ascoltatore incondizionato. Le persone sono sempre e, di più, esperte del male diffuso, del patire a tutti i livelli: questo le autorizza a minimizzare forse la sequenza routinaria dei peccati. Sarei tentato di dire che in questo incontro, tanto particolare, son percepite di più le sofferenze, il male di vivere, rispetto all’urto con i peccati.

♦   Il perdono è opera di Dio che salva. L’assoluzione? E’ stata spesse volte regolamentata. Troppe volte, fino a consentire intrusioni non sempre lodevoli del confessore nella coscienza del penitente di turno. Forse è diventata la confessione il sacramento difficile, e oggi tanto ovviato e sempre un po’ odioso, grazie a questa maniera di rapporto che si è andata instaurando. Certo, con tante buone intenzioni. Ma spesso fino a diventare un peso che ha consentito un dispiegato allontanamento.

♦   Anche riguardo al peccato dichiarato, s’è andata imponendo una fiscalità pletorica. Parlando dell’Incarnazione, con il Natale che si fa nostro contemporaneo, se n’è troppo accentuato l’aspetto redentivo, come se la via del sangue dell’Agnello fosse un evento dovuto per placare l’ira di Dio. Se ne trova riferimento esplicito in una delle preghiere che ha un passaggio di questo tono: “… perché peccando ho meritato i Tuoi castighi”. L’abbinamento così stretto tra incarnazione e missione redentrice di Gesù, ha finito per rovesciarsi sul sacramento della penitenza, che così rendeva alcuni peccati addirittura soffocanti. Il bisogno di perfezione, che è sempre inarrivabile da parte nostra, ha operato poi il resto. Certo, l’innocenza non rende brillanti le nostre vite, sempre bisognose di essere riformate, perché sempre segnate dal peccato. Ma non può essere il peccato la sola realtà che interpreta l’umana vicenda. C’è anche la felix culpa, quae talem meruit redemptorem. Il peccato, lo sappiamo, non rende felici, può anzi portare a processi disumanizzanti, molto evidenti. Ma che sia l’unica realtà/perno della vita cristiana, rende proprio cupo il fatto cristiano. E a furia di celebrare il no, più di qualcuno s’è trovato costretto a saltare il muro e a coltivarsi forme di libertà in esclusivo fai da te. I divieti, i rimproveri ossessivi, l’insistenza sul negativo ha, per un verso, tarpate tante ali, e per altro, ha creato i super bulli, gli strafottenti. Ha fatto perdere il gusto del bello e del buono, senza riuscire a farne venir voglia e a renderlo suadente ed attraente.

♦ Gesù, esemplarità indiscutibile, sull’etica e la morale, è intervenuto soltanto quando Gli hanno posto problemi effettivi. Il Suo compito è stato quello di mettere in piedi esistenze ripiegate, senza fiducia, perché deprivate di dignità. E’ venuto per mettersi a fianco di tribolati e di esclusi, a gente che conosceva fin troppo il dolore e rischiava di subirne le angosce che comportava. E’ venuto, infine, per dare futuro alla vita di tutti: “La morte non è, non ha potere. Io l’ho ingoiata per mettervi a parte della vita in pienezza. E voi, inferi, desistete: siete rimasti senza nessun potere”. La vita cristiana non è una morale. E’ Lui, è il seguire le Sue orme. E’ cedere all’amore Suo che salva. E’ ridurre al silenzio tutto ciò che mette in ginocchio la vita. E’ soprattutto dare fiato alla speranza che non delude: “Oggi sarai con me in Paradiso”. “Sarete anche voi dove sono io”. “Il posto che vi ho preparato chi oserà togliervelo?”. “Ho mani robuste: nessuno vi strapperà dalla mia mano”…

♦   L’unica segnalazione importante riguarda gli esercizi dal 9 al 13 di questo mese, a cui si stanno iscrivendo parecchi sacerdoti. Li condurrà il noto musicologo e biblista d. Marco Frisina di Roma. L’appunto suoni a tutti come appello che renda efficace e favorevole la proposta, intercedendo per essa.

Luigino don

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