Newsletter - Novembre 2024
° Di fronte a vicende simili, in parti diverse, ogni linguaggio coltiva modi interpretativi diversi. Scomodo il termine “inizio” per primo. Verso il nord-Europa, si è stabilizzata la certezza che “Alle Anfang ist schwierig” (= “ogni inizio compo5rta difficoltà”). Alcuni inizi in Italia sono invece sotto il segno delle migliori aspettative, della curiosità, dell’entusiasmo trepidante e giù di lì. Mi sto attardando sulla parola per esprimere, mi pare, e parecchio diffuso, che non si trova nessun slancio, tanta ritrosia, malessere pur se non ben definito… E tutto si legge in tanti volti. Nomino per primi i volti degli scolaretti, ma non solo. Ci sono anche tanti occupati, ferie ormai solo nei ricordi, perché c’è da riprendere l’opre usato, che si fanno accompagnare da non poca riluttanza, forse da stanchezza della prestazione sempre quella, forse una manualità precisa, ma indotta, routinaria…
° Inizi così, sembrano castighi obbligatori e subiti. C’è poco da consolarsi, se non per il fatto che Ti spetta un mensile, quando purtroppo tanti ne sono deprivati, o ripiegati per le briciole occasionali che dicono di più le paure che ti porti dentro, perché molestati dalla ritornante sola idea di perdere anche quel poco.
° C’è una popolazione ben numerosa di non possidenti, di ripiegati sulle poche opportunità in cui si trovano, troppo insufficienti anche per lo stesso cibo che non riescono a procurarsi, che ti fa ospite disgraziato, con tanti altri miseri e poveri come te, cui il cibo è offerto solo per la carità cordiale di chi te lo appresta ed offre. I poveri son sempre di più. I ricchi cui tutto sembra facile, più che abbondante e ammassato non si sa per quale scopo, non nutrono affatto neppure il pensiero che la grande lama del morire lasci fuori qualcuno. A ragion dispiegata, è proprio vero che il bene è scritto in cuore, e che se non é condiviso, si assimila all’ingiustizia più grave. Più che un capitolo molto amaro e preoccupante, questo è un evento per tutti indubitabile. Il non sentirsi affatto in debito con chi manca di tutto, è il più grave problema. Coloro che se ne tengono debitamente a distanza, rendono ancor più nera la situazione di molte nazioni della terra.
° Fino a qualche tempo fa, l’autunno celebrava, dalle nostre parti in modo molto gioioso, quando la stagione andava bene. La ricchezza ci veniva infatti soprattutto da madre-terra. Pur con mezzi, ora molto superati, ci si stava molto attenti a strappare anche il poco che la terra regalava. Il sudore di chi la lavorava era spesso senza misura. Tutto era grazia immeritata. Se il tempo atmosferico faceva le sue, le preoccupazioni non bastavano a nessuno. Si pensava che tanta fatica non si poteva sopportare, soprattutto quando la stagione faceva le bizze ed arrivava a rovinare, o a distruggere le tante/troppe ore di lavoro. Ogni perdita metteva a rischio l’economia povera di chi di terra ne aveva troppo poca. Quel che si riusciva a produrre, diventava, di suo, qualcosa di sacro. I benefici della terra, solo essa poteva quantificarli ed apprezzarli per quanto ci si doveva impegnare.
° Bastava qualche evento negativo a portare in chiesa i più. E lo stesso quando, a raccolti ultimati, ci si sentiva in dovere di esprimere al Signore e ai Suoi santi ogni devota gratitudine. Quei tempi sono quasi immemorabili, quasi cancellati. Il lavoro è per le macchine potenti dei coltivatori agricoli di oggi, ridotto quasi ad alienante, tanto si è ingigantito e specializzato. Per contro, uno degli aspetti che rendono quasi vuoti i luoghi del pregare, è la scissione avvenuta tra lavoro gigante nelle campagne sempre più estese e l’aspetto sacro-orante, religioso che le chiese, in particolare, il più delle volte si fanno vedere molto poco frequentate.
° Il morire esiste ancora e, per tanti motivi, ben più particolare e diversificato. Si potrebbe dire che, della vita, è il momento più inevitabile ed anche, spesso, il più combattuto ed il più rimosso, e trascurato. Alla morte non c’é nessun riparo. I tempi sono quasi sempre imprevedibili. Eppure è un mistero evidente. Soprattutto se si prendesse l’Oltre cui siamo destinati. Meno male che sta venendo in più chiara luce la misericordia del Padre, e che sui novissimi, si tende a zittire per la complessità che li accomuna. Se la si considera poco, ed è vero, secondo me, è che le spiegazioni che se ne son trovate, non danno quella luce che riterremmo necessaria.
° Anche sull’autunno, si possono poggiare alquanto le considerazioni migliori. Bastano giorni un po’ più piovosi per farcelo capire. La maggior parte delle foglie, sulla spinta dell’aria, si trovano costrette a lasciare facilmente il ramo. Finiscono certamente. Di noi s’è radicato invece un pensiero diverso: finiamo questo modo di vita, ma siamo attesi dalla vita eterna, “vita in pienezza”, di cui conviene fare memoria, ma è possibile ritenere il desiderio di avere chiarezza dell’Oltre. E siccome il male, soprattutto quello subito e non personalizzabile, non deve esserci,, come diverrà dunque la nostra vita dopo? Ogni punto che va a toccare l’inveduto, lo si può solo ipotizzare, e senza troppa veemenza. Ci serve solo un di più di fiducia in Colui Cui appartiene la vita di tutti.
° Il mese di novembre è passato nel calendario con una denominazione tutta propria: la preghiera ed il ricordo riconoscente dei de-funti. La parola non è tanto bella, perché sembra metterci appena fuori d’uso. Ci aspetta invece il trionfo della misericordia che salva. E così il ricordare quelli che la morte s’è portato via, e magari con tanta struggenza, desideriamo condividere la promessa esplicita della vita eterna in pienezza. Non altro.
° L’anno pastorale sta dando fiato a tante proposte, iniziatiive, approfondimenti, opere da compiere… Le forze son quelle che sono. Perché non prestarsi, perché non condividere, collaborare allo specifico che ci arriva dalle chiese e dai molti problemi in atto che la stagione rende ancor più impellenti, spesso tristemente, perché chi collabora stenta a prestarsi in uno, o altro ambito, dove ce n’è sempre più di bisogno.
Il grazie è per tutti! Chi ancora trova di potersi aggiungere,
farebbe ai sacerdoti un grande, impagabile piacere. Grazie!
(Luigino don)