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Newsletter - Ottobre 2024

°   Il meteo, in particolare, continua a tenersi la scena. Le cause sono molte e tutte, o quasi, alla mercé delle impressioni più impossibili. Non è tuttavia il caso di indugiare, se non per fotografare, per qualche attimo, situazioni che nell’argomento entrano di soppiatto. La prima è la ripresa delle varie proposte pastorali. Il fervore pare essersi ben riattivato. La partecipazione, quasi ovunque, era da tempo che non scopriva tale e così viva partecipazione. Certo le presenze, pur notevoli, sono più esigue, non di tempi antelucani, ma in proporzione, specifici dell’oggi. Non si tratta di benedire i “pochi, ma buoni”, ma di dar ritmi più continui e coerenti e costanti alle proposte evidenziate, come frutto delle scoperte prioritarie di chi le ha evidenziate e rinnovate. Sono il frutto di una prassi più democratica, meno autoritaria ed impositiva, ben più ricca di effettiva ed interessata partecipazione. Si tratta di una novità metodologica, sostenuta dal fatto che chi prende la parola, se ne è fatto prima una ragione motivata. Si potrebbe dire che lo stile che va per la maggiore, abbia da esser sempre più in auge.

°   Altro dato plausibile è che ognuno può chiedere di essere ascoltato. A limitare eventuali interventi, forse talvolta lambiccosi, son solo le lancette dell’orologio. Va colto il nucleo. Ogni spreco, se no, si fa ladro. L’essenzialità va esercitata, insieme con la sincera possibilità che la parola abbiano a poterla prendere tutti. Andrebbe aggiunta poi la raccomandazione a non cedere a contenuti e stili predicatori. Si è tutti discepoli, in ascolto della Parola. Avendone affermato il valore, bisogna che resti evidente.

°   Il fattore tempo va utilizzato a prova di fatti. Di solito ci si incontra alla sera dei giorni lavorativi. Le condizioni non sono tra le migliori. C’è, oltre l’essenzialità, la stanchezza accumulata al lavoro. Farsi snelli nel dire, evitare effetti speciali e quant’altro porta altrove i pensieri e spesso quando questi corrono il rischio di venir alterati.

°   Siamo tutti un po’, o tanto, intaccati dalla praxis (= il fare). Ma se non c’è un progetto, un’idea, un pensiero che valga, che cosa mai può arrivare a chi si ritrova? Certo il fare può dare una conferma. Spesso però il fare per fare scontenta tutti. In casa cristiana, va mandata avanti la spiritualità, che, se profonda, è anche più efficace. Non si può essere come tutti. Gli ideali umanizzano, vitalizzano, mentalizzano. Bisogna coltivare soprattutto questo ambito, in cui si chiama in causa anche il Signore, di necessità. Senza di Lui, l’insieme della vita, diventa poca cosa, per poco tempo. “Passa la scena di questo mondo”. Profittarne al massimo, qualche frutto buono e saporito matura. Ma non basta. La vita di tutti è a parabola: dopo il primo slancio, declina, se non può realizzare qualcosa di sostanzioso, di prezioso, di utile.

°   Se il tempo non diventa kairòs, ci si applica invano o per poco, che poco e per poco soddisfa. Aggancio qui alcuni correlati con Villa S.Carlo. Anche questo ambiente risente dell’evolversi della vita che si fa. Talvolta si fa più vivo il pensiero che la vita spirituale sia un modo di essere, non un modo di vivere. E cioè alcune pratiche devote, talvolta anche ossessive, ma del tutto slegate dalla vita nel suo insieme. Anche in questo ambito la cura da sostenere non può essere un pio rimpianto, un metodo sempre quello, tanto meno una ricerca mai ultimata. Capita più volte che si cerchi Messa e che si passi la maggior parte del tempo in futili ciacole. Si tratta di modi propositivi molto inadeguati, troppo leggeri. Non ci sono che rari cammini spirituali praticati con cura e nelle forme che meglio li permetterebbero. La rasseggna a riguardo meriterebbe una riflessione più adeguata. Diversamente, capita che anche quello che veniva salutato con gratitudine fino a pochi anni or sono, ora si riduca ad una capatina poco efficace.

°   Villa S.Carlo, con il passar degli anni sembra essersi accreditata. Ed invece no! Oggi non se ne parla che poco e niente, né in alto, né in basso. Tutti o quasi muti! Il tesoro c’è, ma a nessuno o quasi fa da richiamo puntuale. I cristiani che siamo, se un po’ di grammatica ancora ce l’abbiamo, abbiamo perso quasi del tutto ogni fervore. E si fa presto a vedere che di frutti se ne raccolgono molto pochi e con troppa sprecata fatica.

°   Mi permetto un’altra considerazione. Sul significato del vivere e del morire si sono proposti, già da qualche anno, preziosi temi ed incontri, non con il desiderio di sciogliere il mistero, ma di farcelo più consueto, pur nella sua invalicabilità. Di fronte ai misteri, non si manda in soffitta la ragione. Eppure, senza oltranzismi di sorta, è importante cercare la perla lì dove essa non si può che rilevare come uno stupendo tesoro. Non è l’unico ambito della diocesi, cui fu affidata la formazione spirituale più ampia possibile. Non sento che alcuni si stiano facendo orgogliosi a riguardo. E’ uno spunto anche questo per dire che queste case, tutte ospitali, pur se alcune molto vaste ed altre più piccole, tutte o quasi si rammaricano delle poche richieste, pur se si cerca di riservare il meglio. A parte gli sbattezzati e molti altri che si liberano di fatto della grazia dei sacramenti, se non si potenzia la proposta formativa, avremo sempre di peggio cristiani di nome, ma di fatto a chi si rivolgono per una formazione un po’ più valida? Le virtù teologali in che modo si provvedono queste preziose risorse?

°   Un altro aspetto che sta attraversando la nostra realtà, e che ha non poche ripercussioni, è il consistente esodo, molto silenzioso delle donne dalla Chiesa. Si sentono non considerate, per niente apprezzate, con deleghe che sanno troppo di antico e che sono quelle tipiche di un tempo che fu. Basta far scorrere appena gli ambiti tipici che erano ad esse riservate e che, ora, risentono della nessuna valorizzazione in cui la donna può, per contro, assicurare le sue numerose, speciali modalità.

A tutti buon e lieto e generoso anno pastorale!

 (Luigino don)

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