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Corso per fidanzati gennaio-febbraio 2014


Testimonianza dei partecipanti



Corso per fidanzati gennaio-febbraio 2014 2014-05_coppie-015_48_1_125_11.JPG (Art. corrente, Pag. 1, Foto ingrandimento)Queste pagine si collegano, per alcuni versi, ad 
“Amori in corso”, precedentemente elaborato ed ospitato in questo nostro sito.

Altri rilievi li lasciamo a chi eventualmente vorrà leggere. E’inutile, in effetti, aggiungere dell’altro. Un’impressione tra tutte, tuttavia, la si respira con l’aria: oltre che liquido, il nostro tempo corre troppo, è troppo frenetico, spesso inconsapevolmente, pesato tutto con lo stesso criterio, senza darsi a qualche utile confronto, a indicazioni meno approssimative e meno fragili. Si può imparare da tutti, ma, in un tempo tanto n evoluzione e complesso, guai a non fermarsi di tanto in tanto e trattenere solo ciò che è buono.

La vita è una sola, è breve. Bisogna praticare un umile e continuo discernimento per non rovinare o compromettere anche uno soltanto dei propri preziosi vissuti.

Buona lettura.

 Tema: Conoscere me e l'altro per amare nella verità maschile e femminile a confronto il dialogo , mai adeguatamente compiuto

Daniela: Io e Piergiorgio, viviamo tutto il giorno assieme: lavoro, sport, tempo libero, viaggi, vacanze, famiglia, scuola ecc.

Siamo complementari, indispensabili l'uno per l'altro, due individui che si completano a vicenda, ma allo stesso tempo talmente diversi e a volte estranei da non capirsi affatto o da non prevedere le reazioni di fronte a decisioni o fatti della vita.

Ci siamo frequentati per circa due anni, prima di condividere questa esperienza di coppia e quindi di famiglia, e a dire il vero, io avevo capito tutto di lui. 

Non esisteva nessuno al di fuori di lui, in Piergiorgio si placavano tutte le mie insicurezze, i miei limiti, la mia incapacità di esprimermi. 

Piergiorgio: pare che siamo omologhi ed invece no. Ci abbiamo messo poco a scoprire che ciò che avevamo preso mettendoci insieme era una scatola piena di imprevisti che, aperta, ha rivelato un insieme di cose non conosciute, e detto per inciso alcune anche di contenuto non sempre interessante.

Voi che magari vi vedete una volta al giorno ci metterete di più, ma verrà sicuramente il momento in cui ti domandi: “Ma chi è questa qui???”

Daniela: e quindi dalla nostra esperienza la prima lezione che abbiamo imparato è che conoscere le nostre differenze è la cosa più importante per imparare a tollerarle, rispettarle, condividerle: dare concretezza al proprio TU ideale e futuro al proprio IO concreto.

Piergiorgio: Seconda cosa imparta è che attraverso il confronto abbiamo più chiaro ciò che noi siamo, come ci poniamo di fronte all'altro.

Ci siamo sempre visti così... potremmo intitolare questa parte: LA DIFFERENZA FRA ME E TE....

visto da ME:

 

LUI IO

di aspetto era affascinante io mi ritenevo sufficientemente passabile e un po’ grassotella

 Lui di carattere era dolce, affabile Io a volte fredda e staccata

un semplice insomma

 Lui, una persona attiva, inserita nel sociale, Io, allora, semplice infermiera

insegnava a scuola, scriveva nei giornali

 Lui sessualmente vivace, attivo, dinamico, Io molto semplice, con poca esperienza e con fantasie, molto chiusa, goffa e tradizionale

 Lui non dà nessun peso al denaro, molto Io molto parsimoniosa, precisa, contabile

se c'è c'è se no c'è no c'è,

molto solidale con il prossimo

 

visto da Piergiorgio:

 Lei: gran figa Io simpatico

Lei: direttiva Io subdolo 

Lei:tenace Io pigro con avviamento diesel 

Lei Bianco/Nero Io: quante sfumature ha il “grigio”

Lei: pianificatrice Io: pianificatore per reazione

Lei: si butta in quasi tutto Io: mi vergogno a fare certe cose

Lei: è Maneger Io ho le visioni:

Lei: hai fatto? Hai fatto? Hai fatto? Io: bla, bla, bal…

Lei: faccio io Io: c'è qualcuno interessato?

Lei: passiva!!!! Io: attivo !!!!

Lei: poco creativa Io: mi sono aggiornato da giovane e con internet

Lei: attenta all'ascolto Io: accogliente

Lei: generosa Io: generoso quasi scialacquatore

Lei: ambiziosa Io: orgoglioso

Lei: economa Io: Daniela paga tu.....

 

Piergiorgio: Come vedete proprio UGUALI... UGUALI...

Daniela: Tanto per citare un esempio recentissimo, giovedì mattina mi sono alzata da letto per andare a colazione, e dopo una notte insonne, dove non riuscivo a trovare pace (… un nostro carissimo amico era morto di morte improvvisa), non avevo voglia di nulla, solo di riposare e invece LUI..... come sempre con il sorriso...., con domande continue.... come non fosse successo nulla!!! ma insomma! Perché non capiva? Perchè non poteva immaginare?

Devo sempre dirgli tutto, è necessario spiegare sempre tutto? Eppure a volte le cose sono così evidenti, scontate, normali!!!

Piergiorgio: stesso giovedì mattina: mi sono alzato, lei si è alzata, neanche ciao!, neanche guardato.... io domando: “c'è qualcosa?” 

lei: “no non c'è niente”, 

io insisto....: le descrivo quello che facciamo le altre mattine, Lei si ferma e viene verso di me forzatamente; io la respingo dicendo: “non è necessario..... se non ti senti o non vuoi...”, 

Lei se ne va sempre più cupa. Non capisco!

Sono al lavoro e le telefono: voci neutre e così fino alle 10.00 :

Io potevo anche intuire i suoi pensieri, ma lei non voleva condividerli..... 

poi abbiamo bevuto un caffè e parlato.

Daniela: il segreto è che è importante far emergere le diversità, avere il coraggio di dircele con sincerità, cosa comunque, che ancora oggi non facciamo molto bene; ma è importante da subito apprendere il metodo, chiamare i fatti con il loro nome, descrivere i propri sentimenti, non essere delle pentole a pressione.

Piergiorgio: il problema è che: o per orgoglio, o perchè stiamo tutto sommato bene con noi stessi non accettiamo di metterci completamente in gioco e ciò diventa difficile quando cominci a condividere tutto. 

Ancora oggi non è facile accettare che la differenza possa divenire chiave di lettura per la tua situazione, per vederci dentro meglio: perché ti obbliga a metterti in verifica, a ripensare alle tue priorità a mettere l'altro come orizzonte del tuo fluire.

Daniela: Se rimani ad una conversazione superficiale, il conflitto è verbale e continuo, in una specie di amore e odio che non porta da nessuna parte se non a apprendere strade diverse, cosa che ci è successa.... ma che riguarda un'altra relazione, fatta sempre a Villa San Carlo negli anni passati!!!

Occorre andare a confrontarci nel profondo, oltre al livello emozionale, altrimenti rimane il “fastidio” di una intromissione indebita nel proprio modo di organizzare le relazioni.

Piergiorgio: E' importante condividere un progetto su principi di fondo che non annullano le differenze, ma le inseriscono in una storia che parte da un vissuto personale e porta a una vita di coppia.

 

Tema“La relazione è il respiro della vita di coppia. Ognuno è le persone che ha incontrato: quale posto/ spazio dare alle relazioni con la famiglia d’origine e con gli amici. Che progetto prevedere”

 Siamo Cristian e Ilaria, sposati da tredici anni. Ci conosciamo da più di metà della nostra vita, siamo insieme dall’anno1989.

Ci siamo conosciuti da adolescenti, abbiamo condiviso un sacco di esperienze insieme, dai campi-scuola giovanissimi alle prime feste tra amici, alle prime cotte; abbiamo frequentato scuole diverse, condiviso le difficoltà e le ansie degli esami, la fatica dello studio,…

 Ciascuno di noi è contraddistinto da attitudini completamente diverse, basta pensare ai lavori intrapresi completamente diversi (chimica, economia) e provenienza da famiglie agli antipodi. 

La nostra storia è stata ricca di esperienze condivise con altre persone. Sempre abituati a metterci in gioco,al confronto e alla relazione con gli altri.

Per noi è sempre stato importante non isolarci, non vivere la nostra storia solo io e lui.

Cristian in particolare più estroverso, più portato alla discussione e capace di sostenere lunghe chiacchierate su qualsiasi argomento, ma allo stesso tempo più impulsivo e istintivo, più portato a vivere nuove esperienze, almeno ci prova con tutto se stesso. 

Ilaria più introversa ma molto più razionale, meno chiacchierona, a volte troppo introversa, che tende a tirare un po’ indietro nel provare esperienze nuove, non amante del rischio. In questo nostro essere così diversi come abbiamo costruito la nostra relazione di coppia tra di noi e con gli altri?

In tutti questi anni passati insieme la nostra relazione è cambiata nei vari momenti della vita perché entrambi siamo cambiati insieme, sia come individui che come coppia. Ciò che ci ha tenuti insieme tutti questi anni è  stata la capacità e la volontà di parlarsi;la comunicazione e il dialogo tra di noi che ha subito varie fasi di cambiamento. Il nostro conoscersi nelle nostre diversità attraverso il dialogo. Il dialogo come elemento essenziale per crescere e per trovarsi. È impossibile non comunicare, in varie forme, con gesti, parole, segni, comportamenti e vivendo insieme ogni giorno ti rendi conto che se non cerchi di sostenere e alimentare la comunicazione tra di noi il rapporto si incrina. 

 E quest’anno varie sono state le esperienze e le situazioni della vita che ci hanno messo alla prova sia singolarmente che come coppia. E se non ci fosse stata la forza di uno di noi a voler sostenere l’altro, a volere il bene dell’altro con tutte le proprie forze penso che ci sarebbero stati degli strascichi negativi nel nostro rapporto.

Esperienza di Cristian

Cristian dopo essersi licenziato dal posto di lavoro decide di intraprendere una nuova avventura lavorativa con altre persone. Queste persone si sono dimostrate molto diverse da come si erano presentate all’inizio. Questo ha portato all’instaurarsi di una dinamica conflittuale e a una degradazione dei rapporti personali. Cristian si sentiva intrappolato, in gabbia, perché comunque doveva lavorare con queste persone.  Ha iniziato a non dormire di notte, a svegliarsi con angoscia, gli sembrava di morire.  La valeriana non faceva più effetto.

Io costringo Cristian  ad ammettere con se stesso la ragione del suo non star bene, a guardarsi specchio. Alle tre di notte ci siamo alzati e abbiamo parlato finché Cristian non ha buttato fuori tutto il suo malessere. Erano mesi che vedevo Cristian combattuto tra l’entusiasmo di creare qualcosa di suo, ma allo stesso tempo oppresso della situazione spiacevole creata, che portava delle ripercussioni negative nella nostra famiglia. La situazione era diventata pesante, mesi di comprensione e di ascolto da parte mia; Cristian non era più la stessa persona che conoscevo e si vedeva da qualsiasi suo atteggiamento, parola, gesto. Avrei potuto mandarlo a quel paese anche perché si era licenziato per poter stare meglio e non peggio ed anch’io a livello personale uscivo da un periodo lavorativo non troppo piacevole, sempre a causa di rapporti personali conflittuali.

Non potevo lasciare solo Cristian in quella situazione; sicuramente se così fosse stato ci saremmo allontanati, ognuno con i propri problemi e difficoltà. Con tanto amore, premura, dolcezza, ma anche volontà di superare e ricominciare insieme, Cristian ha ammesso con se stesso ciò che già sapeva ma che non riusciva e non voleva ammettere con se stesso. Tasto rosso di Cristian. Per lui era stata una sconfitta personale . In questo caso io ho messo al primo posto il bene dell’altro, riconoscere e partire insieme!!!

Lo stare insieme, conoscere l’altro ti aiuta a capire quando è il momento giusto per aiutare l’altro, o se il partner ha bisogno dei suoi tempi per elaborare il lutto. L’importante è non vergognarsi mai di tendere una mano all’altro, di chiedere aiuto, di dimostrate all’altro le nostre fragilità di mettere a nudo le nostre emozioni, di piangere. Rivelarsi completamente all’altro.

Nel frattempo la vita di tutti i giorni continuare i rapporti con le nostre famiglie d’origine si incrinano, tanto per alleggerire la situazione, già pesante di suo. 

Famiglia di Ilaria

La famiglia di Ilaria è una famiglia che non dialoga, la mamma iperprotettiva con i figli, in particolare con la femmina,orari ristrettissimi di rientro, mai incentivi a fare cose nuove o a  fare qualcosa insieme, famiglia di una volta in cui decide il padre,  la mamma dedita esclusivamente alla casa e ad accudire i figli e  il marito,  molto insicura e fragile  (“il tuo letto  è sempre qui che ti aspetta”, dice ancora). I genitori di Ilaria, una volta rimasti da soli,quando tutti i figli si sono sposati, è  successo il patatrac : tra di loro c’è stato il vuoto come coppia . Cosa avevano costruito tra loro oltre al lavoro e alla crescita dei figli?  La mamma cade in una forte depressione e papà reagisce con un rifiuto totale della “malattia”della moglie.

Per noi inizia un momento molto difficile, in quanto Ilaria viene coinvolta/investita  in prima persona dalla situazione. (la più piccola di tre fratelli, ma unica femmina).

E’ facile a parole dire non lasciamoci influenzare troppo dalle nostre famiglie … Telefonate in piena notte per portare la mamma all’ospedale in piene crisi di nervi, incontrollabile, Cristian mi è sempre stato vicino in questo calvario, anche perché io non avevo l’appoggio di mio padre anzi, è lui che ha bisogno di sostegno per farlo reagire, né dei miei fratelli che avevano sottovalutato la situazione, perché così faceva più comodo, meno fatica e sconvolgimenti all’interno delle loro famiglie.

Portata di forza in terapia (da sola, con la mamma irriconoscibile), da allora convive con la sua malattia, ma non ha la forza e la volontà di combattere, di uscirne anche perché non aiutata dal marito.

Ilaria si stava spendendo completamente per la mamma e aveva perso di vista la sua famiglia e la sua vita… La situazione non poteva reggere. Un giorno la suocera passa da casa nostra… non stava bene, e si vedeva benissimo che aveva un momento di crisi… Entra in casa, c’eravamo entrambi, ma Ilaria è fredda, parla appena, al contrario della suocera che a causa della depressione continua a parlare, ti porta allo sfinimento … per Ilaria poteva anche alzarsi e tornarsene a casa sua anche se era da sola.  Ilaria non voleva la madre, era arrivata alla saturazione, la stava rifiutando, rivoleva la sua vita... 

Cristian capisce la situazione e la invita a fermarsi a pranzo insieme. In quel momento lo avrei preso e detto tante parole per sfogarmi, ma è bastato uno sguardo, severo ma allo stesso tempo pieno di comprensione. 

Cristian mi ha fatto capire quello che è importante … io probabilmente mi ero data troppo, ma oramai la vita si è rovesciata, sono i nostri genitori che hanno bisogno di noi. Ma non è semplice gestire il tutto. Passare oltre a quanto successo, cercare di comprendere il comportamento del padre di Ilaria, dei fratelli (scappano dai problemi) e voler bene gratuitamente perché noi lo vogliamo. E se la nostra storia, il nostro modo di stare insieme può essere di aiuto anche alle nostre famiglie, noi siamo consapevoli che questo è un bene. Io come figlia non avrei mai pensato di poter dire certe cose a mio papà, a dargli dei consigli su come poter stare meglio, aiutare la mamma. Dopo i primi rifiuti vedo che è lui adesso a cercare la nostra compagnia, ma dopo tanti anni vissuti in quel modo è molto difficile cambiare. Problema dei miei genitori è che si parlano poco, non parlano dei figli, di come sono diventati, di come le loro famiglie siano diverse, e non riescono ad accettare la ns. diversità. E la sofferenza che provano è molto forte, ma non riescono a buttarla fuori e a condividerla tra di loro.

Sono esperienze sicuramente molto forti che ci fanno soffrire, ma che ci hanno resi ancora più forti nel nostro rapporto d’amore, ma questo perché non abbiamo permesso che tutto ciò che è altro da noi, ma che è impossibile non vivere e restarne coinvolti, ci dividesse e ci allontanasse perché ci siamo rivelati, ci siamo accolti vicendevolmente anche nelle nostre fragilità.

Per questo ciò che vi auguriamo e che vi esortiamo a fare sempre e ad alimentare ogni giorno è il dialogo, il parlarsi, l’ascoltarsi, il rivelarsi e ciò è possibile solamente se l’altro si sente amato e accolto dal partner . Il dialogo è un momento di intimità, di apertura reciproca, di abbandono fiducioso . Ma è necessario che ciascuno si senta amato e desiderato dall’altro, che ami intensamente l’altro e lo desideri dal più profondo del cuore. Per noi è una certezza di essere stati inviati come dono da Dio per l’altro, e che ciascuno di noi è un dono speciale per il bene e la felicità dell’altro.

 

 

Tema: “La vita come vocazione: amarsi in coppia”

Buon pomeriggio a tutti! Siamo Filippo e Daniela.

Il tema della giornata odierna è "la vita come vocazione", in altre parole oggi ci chiediamo "io cosa sono chiamato a fare in questa vita?".

Le parole insegnano. Il denominatore comune di questi incontri, ciò che accomuna tutti noi si riassume nella parola Amore. Etimologicamente amore è una parola composta da a+mors. A è una particella privativa e mors invece è proprio lei, mors-mortis. Insomma, amore significa letteralmente "tutto ciò che ci toglie dalla morte". E tutto ciò che mi toglie dalla morte è vita. Quindi la vita è amore. 

Cosa sono quindi chiamato a fare in questa vita? Semplicemente mi si chiede di amare. Ed il senso della vita sta tutto lì. Credo che Lui abbia provato a dircelo in tutte le salse, riconosciamoglielo! Quando saremo là, molto probabilmente ci chiederà conto di questo. 

Il nostro è un Dio che si fa chiamare padre, che ci ama gratuitamente, di un amore totale, misericordioso, fedele e rispettoso, perché ama senza obbligare nessuno ad amarlo. E noi di questo amore, come cristiani, dovremmo essere testimoni. Ogni volta che amiamo splende in noi il divino e ci facciamo strumento della sua più alta volontà. Chi ama è un dipendente di Dio, lavora per lui. Caspita!

Ragioniamo un attimo sulla qualità di questo amore. C'è una simpatica storiellina zen che narra di una mamma che chiede per suo figlio solo questo, che sia tanto amato. Così fu, ma quel figlio visse miseramente infelice: molto amato, non sapeva egli stesso amare. L'amore con cui ci ama Dio è l'espressione massima dell'amore come dono, non vuole nulla per sé, è totale e disinteressato perché non si aspetta nulla in cambio. 

Filippo ed io sappiamo che è questo il vero amore. Siamo in cammino, come voi, non siamo di certo arrivati a quel traguardo. Nel nostro rapporto si dà e si riceve. Si tende non solo al bene proprio, ma anche al bene dell'altro. Stiamo imparando a non vivere solo per noi stessi e a scoprire la gioia del dono sincero. Per intenderci, siete mai stati in un momento di difficoltà e una persona si offre di aiutarvi, vi è vicina, partecipa con voi della vostra sofferenza o del vostro dolore? Non è vero che dopo si prova un forte desiderio di restituire con interessi da usurai quelle attenzioni, quei gesti d'amore? Diceva Dante "Amor c'a nullo amato amar perdona", ed è una sacrosanta verità! Se tu ami un poco, senza chiedere nulla in cambio, ti torna amore a mille. E qualora non fosse così, chi ama sa che amare sazia, riempie. Chi ama non è vuoto. Chi dona dà un senso sempre alla propria vita e non si perde. L'amore è gratuito e contagioso. Se voi entrate per la prima volta in un ambiente e trovate persone molto disponibili, che si aiutano, di necessità sarete più disponibili anche voi. 

L'amore è un equilibrio continuo tra il donarsi con coraggio e senza riserve all'altro, senza però perdere di vista l'amore per se stessi. Infatti ci ha dato il comandamento più alto che dice "Ama il prossimo tuo come te stesso". L'amore non è né egoismo né annullamento.

Preparando questo intervento ad un certo punto ci siamo detti, ma non passeremo per due giovani idealisti? E chi se ne importa! Siamo tanto bravi a dire che questo mondo non ci piace, che così non si può andare avanti. Allora crediamo che un pizzico di idealismo, fondato su solide basi, sia necessario. Se ciascuno di noi perdesse meno tempo a giudicare gli altri e si mettesse più all'opera con qualcosa di concreto non sarebbe male...

Noi siamo sposati da poco, sono tre anni e mezzo, ma vi posso assicurare che di sera non ho ancora perso l'entusiasmo di chiudere la porta di casa a chiave: amore siamo io e te. Perché è in quel microcosmo che si deve assaporare l'immenso amore di Dio per ciascuno di noi, per l'umanità tutta. E vi dirò che quando la vita ci mette alla prova, ci mettiamo proprio in carica la sera! 

Che senso ha quindi questo amare-bene? Io sono un tassello di quel disegno d'amore. E se manca un pezzo del puzzle non ci si può che accorgere. 

Questo (lo mostriamo) è il nostro invito a nozze. Qualcuno ci ha chiaramente detto che era troppo lungo e che non l'avrebbe letto, molti altri invece si sono emozionati come noi mentre l'abbiamo scritto. È la motivazione scritta del perché avevamo deciso di sposarci, abbiamo provato a spiegare agli altri perché ci amiamo. Perché darlo per scontato?

Abbiamo chiesto che non ci venissero fatti regali e, se possibile, abbigliamento informale. Ci abbiamo provato. Volevamo allontanare le persone dal "ma come mi vesto?", "avete fatto la lista nozze", "dove andiamo a mangiare". Il nostro matrimonio è stata la celebrazione. Il dopo solo la festa di due persone felici, un buffet in piscina. Abbiamo provato a non creare aspettative sugli aspetti materiali, non un matrimonio evento, non uno show, ma abbiamo voluto portare l'attenzione sul rito, sul fatto che segnasse un punto importante del nostro cammino assieme. Abbiamo voluto creare consapevolezza, partecipazione emotiva autentica. Ripeto, ci abbiamo provato. Se si uniscono le anime, difficilmente poi si sciolgono, ma non perché Dio non vuole che si divida ciò che lui ha unito, ma proprio perché nell'unione spirituale Dio è la colla tra due anime. E la sua colla non è di questo mondo... 

Avete visto il film Up?l Ecco, io voglio diventare una vecia bacuca con lui e il solo pensiero mi emoziona e mi rende felice. Ragazzi glielo dobbiamo, a Lui che persino in croce aveva le braccia spalancate in un grande abbraccio verso tutti noi.

 

 

Tema: “La sessualità”

 

Far l'amore di gusto: è questa la forza che sostiene la coppia, la famiglia e, perchè no, l'intera società. 

Dopo un'effusione d'amore, si appiattiscono i problemi, si vede la realtà con occhi positivi, ritornano le forze fisiche, morali e spirituali per affrontare la vita che, per chi ha la responsabilità di una famiglia, si sa, è la più dura.

Si, anche forze spirituali, perchè la relazione intima di amore che avviene nell'atto sessuale tra marito e moglie, si avvicina molto all'amore di Dio, nella Trinità, tra Padre, Figlio e Spirito Santo.

E' quello che abbiamo appreso, Daniele e io, dopo una settimana di spiritualità a Selva di Val Gardena, dai Gesuiti.

E così, quei primi sensi di colpa per la voglia e la frequenza dell'atto sessuale, sparirono ma ahimè...arrivò il primo figlio.

A essere sinceri, ringraziamo il Signore che ci ha elargito subito di questo meraviglioso dono, facendoci assaporare l'esperienza più bella e gratificante della vita: la maternità e la paternità. Abbiamo così evitato quei percorsi di grande sofferenza che oggi alcune coppie intraprendono: ginecologi, ormoni, provette, e compagnia bella. 

A proposito, il fidanzamento è stato molto breve, un anno. Ma questo breve tempo non ci ha impedito di abbandonarci l'uno all'altra, lasciando comunque al tempo, la gioia e l'emozione di nuove scoperte tra di noi, dei nostri corpi e delle nostre fantasie....intime!!!

Con l'arrivo del primo figlio, si sa che il poco tempo a disposizione e la stanchezza fisica, mettono a dura prova l'intimità di coppia. I pianti molto frequenti di nostro figlio, di notte e di giorno, ci hanno fatto dimenticare il desiderio tra noi due. Ma poi era ancora più bello il momento dell'incontro, dove veniva trasmessa la nostra complicità, la nostra fatica, la nostra collaborazione. Anche se durante la giornata il dialogo era poco, venivano prese in considerazione solo le cose più importanti sull'organizzazione del lavoro, dei pasti, delle cure per il piccolo, bastava un abbraccio di pochi istanti, per recuperare la forza per andare avanti.

Col crescere dei figli, senza dubbio abbiamo avuto modo di incontrarci nel silenzio della notte, assaporando i piaceri dell'intimità che via via cresceva anche con desideri più spudorati, senza cioè quella fatica e sofferenza da condividere.

Ora le giornate erano più serene, più piacevoli insomma più normali per una famiglia con i bimbi che giocavano tra di loro, che andavano all'asilo e che andavano a letto presto alla sera.

Ma si sa che la vita di una famiglia ha sempre alti e bassi. Le malattie dei bambini, dei nostri genitori sempre più anziani, i miei problemi di insonnia, ecc.

Ci sono stati periodi molto duri, dove era lontana l'idea di farci una carezza, un abbraccio. 

Ricordo la malattia di mio suocero. Urlava di notte e mia suocera, col pigiama bianco, compariva in piena notte, nella nostra camera per chiedere aiuto, facendomi sobbalzare per lo spavento. Per me era un oltraggio alla nostra intimità. Daniele si alzava velocemente e andava a tranquillizzare suo papà, magari con qualche medicinale.

Cosa potevo fare? Mi sentivo in colpa se chiudevo la porta che mette in comunicazione l'abitazione dei miei suoceri con la nostra; Daniele non è mai stato d'accordo, figurarsi adesso. E così, l'unica soluzione era la preghiera, per affidare al Signore tutta la mia incapacità  e sofferenza. 

Soprattutto il rosario, detto tutti assieme, alla sera, ci aiutava ad affrontare la situazione che poco più avanti si complicò ulteriormente vedendo anche mio papà e il nostro figlio ammalati gravemente.

Non sono loquace e la mia introversione che rende difficile la comunicazione verbale, la potevo superare con una più stretta fisicità, col sentire al tatto l'affetto. Venendo meno per gli avvenimenti raccontati da Elisabetta il contatto, l'intimità sessuale sentivo la relazione con lei a metà e vedevo nella coppia la mancanza del mio apporto e la mia sofferenza sfociava nel senso di colpa per non avere le parole. Senso alimentato dalla critica di Elisabetta. Ecco perciò, i ritorni di avvicinamento fisico, anche fatti solo di carezze, scioglievano il ghiaccio, tutto fluiva, le parole correvano, la serenità si palpava. E' scandaloso ridurre la coppia al rapporto di corpi, ma è anche vero il contrario: rifiutare questo corpo, non usarlo per compiere la relazione che miracolosamente cresce nella coppia.

La mia naturale introversione è stata “ben coltivata” dall'assenza di relazioni stabili fino all'incontro con Elisabetta, non ho mai avuto una morosa prima e sono arrivato al matrimonio pressoché vergine . Credo davvero che sarei cresciuto di più se avessi vissuto una vita sentimentale normale fatta di parole e corporeità. Perciò Elisabetta ha avuto un difficile compito nell'emanciparmi, nello scoprire il corpo di donna ondeggiante con gli umori di una essenza diversa, spesso lontana da me maschio, galassie distanti eppure che possono incontrarsi e fondersi in tutto uno nell'intimità. 

Come ha detto lei il susseguirsi repentino dei fatti della vita ha reso tutto più difficile e l'affidamento a Dio non è stato di retorica, ma una vivida necessità. 

Sembra, alle volte, che gli eventi della vita, sconquassino l'amore e l'affetto tra me e Daniele, che scompare per un periodo per poi tornare fuori grazie a un piccolo e banale gesto di riconciliazione come il dono di un fiore selvatico raccolto durante una passeggiata, o di un cioccolatino condiviso in due, e riaccendere il legame tra di noi, come un'onda che va e che viene. Quel perdersi e ritrovarsi, la vita e la morte: misteri che si manifestano nella materia, nei nostri corpi, misteri che tali rimangono, ma ne assaporiamo il profumo nell'intimità sessuale.

 

Tema: “Dio ha una parola speciale per la vita di coppia  (Martina e Luca )

 

Ci siamo conosciuti in prima elementare, ma non è stato un colpo di fulmine, anche se mio marito ama raccontare che è da quel momento che io le ho provate tutte per conquistarlo fino a quando non ci sono riuscita. Siamo stati compagni di classe per tutte le scuole elementari e poi alle medie ci siamo persi di vista, come capita spesso tra maschi e femmine a quell’età. Ci siamo rincontrati alle superiori, frequentavamo assieme i gruppi giovanili della nostra parrocchia ma l’indifferenza tra noi era totale, lui classico adolescente sbruffone e casinaro e io brava ragazza che ha sempre la frase giusta da dire e crede di essere migliore degli altri. Gli anni passavano e la nostra amicizia cresceva grazie ai tanti momenti condivisi, ai campi estivi, agli incontri in parrocchia, ma rimaneva solo un’amicizia. Arrivano poi gli anni dell’ACR, siamo entrambi educatori ma mai dello stesso gruppo di ragazzi. Si crea da subito tra gli animatori un gruppo di persone molto affiatato che esce e si incontra anche al dì fuori delle attività parrocchiali. La nostra amicizia comincia a farsi sempre più intima e un po’ per volta scopriamo di stare bene quando passiamo del tempo insieme e di avere idee e progetti di vita concordanti.

Galeotto fu un fine settimana in Toscana, non riusciamo più a far finta di niente e ci mettiamo insieme. Da lì tutto corre velocemente, l’intesa fisica e mentale è totale, sorprendente nella sua naturalezza: eravamo noi due, chiamati ad essere una cosa sola. A casa di Luca è un continuo litigio. I suoi sono un po’ all’antica e lui si sente in gabbia. A casa di Martina i rapporti con i genitori sono ancora più in crisi. Non possiamo aspettare, decidiamo di andare subito a convivere e contemporaneamente fissiamo la data del matrimonio.

I primi mesi sono di assestamento: le differenze che ci distinguono ci portano a frequenti discussioni. Nessuno vuole cedere ed entrambi vogliamo avere l’ultima parola anche sulle cose quotidiane più banali: le scarpe lasciate in giro, chi deve lavare i piatti, chi passare l’aspirapolvere. Impariamo a conoscerci piano piano ma con difficoltà riusciamo a dare spazio alle esigenze dell’altro.

Dopo circa un anno di convivenza il venti settembre del 2003 ci sposiamo in chiesa a Dueville e da lì inizia il nostro percorso di sposi consacrati.

La scelta del matrimonio cristiano è stata per noi del tutto naturale, frutto di un percorso di fede personale maturato con gli anni e le molte esperienze di condivisione vissute insieme. Tutto l’amore che si sprigionava dalla nostra unione non poteva rimanere chiuso nel nostro appartamento: era una scintilla di luce che poteva aiutare qualcuno a ritrovare la perduta fiducia nella forza e nella potenza di questo sentimento e per questo doveva essere testimoniato.

Abbiamo la fortuna di avere uno zio sacerdote, che si chiama don Domenico e nostra figlia chiama affettuosamente Buon Domenico, a cui siamo molto legati e che ci ha accompagnati nella preparazione al sacramento senza mai risparmiarci provocazioni e frecciatine per sottolineare i nostri punti deboli e i lati del nostro carattere da migliorare.

Fino a quel momento non sapevamo bene quale fosse il messaggio di Dio per la nostra coppia, oltre ovviamente a quello del Vangelo, ma non abbiamo dovuto aspettare molto per avere una risposta, che è arrivata il giorno del matrimonio tramite la voce di Domenico. Vorremmo condividere con voi l’omelia di quel giorno:

Il vangelo era quello del buon Samaritano e nostro zio pensò bene di farci una bella sorpresa, lasciando a noi l’onore di “indovinare” l’omelia attraverso dei regali che mano a mano ci dava.

Il primo dono consisteva in due sacchettini di cera in polvere di due colori diversi e una coppetta di vetro. La cera rappresentava le nostre due vite con le loro caratteristiche diverse che unite insieme hanno formato una candela unica all’interno della coppetta che rappresenta la nostra unione. Accendendo la candela la luce del Signore ha metaforicamente illuminato la nostra nuova famiglia.

Il secondo segno era questo vaso fatto fare appositamente per l’occasione che rappresenta la vita matrimoniale e la nostra storia ed è decorato con i nostri nomi e con frasi del vangelo. La superficie ha numerose fessure che stanno a rappresentare le ferite che la vita a volte ci porta ad affrontare. A questo punto ci è stato chiesto di far entrare la coppetta nel vaso con la candela accesa. Per prima cosa abbiamo provato a inserirla dall’alto ma, ovviamente, ci siamo scottati la mano. A questo punto non sapevamo come fare e, complice anche l’emozione, non trovavamo una risposta. Secondo voi come si fa?

La risposta è semplice ma allo stesso tempo difficilissima da mettere in pratica: per far entrare la luce di Cristo nella vita matrimoniale ognuno deve chinarsi verso l’altro come ha fatto il buon Samaritano, accorgersi delle ferite e delle necessità dell’altro e prendersene cura con umiltà. Questa è la parola speciale per la nostra coppia: umiltà’.

Con il passare del tempo ci siamo resi conto che la vita ci mette sempre di fronte a nuove sfide e a situazioni che pensavamo non ci sarebbero mai accadute. Nei nostri progetti iniziali c’era l’arroganza di voler programmare tutto ciò che sarebbe successo nella nostra vita, anche la nascita dei figli, ma non è stato per nulla così. Quando abbiamo deciso di avere un bambino pensavamo che nel giro di qualche mese, al massimo un anno, sarebbe arrivato e invece proprio in questa occasione ricevemmo la prima batosta. I mesi passavano e non succedeva niente, penso che siamo diventati soci di diritto di un’azienda che produce test di gravidanza per quanti ne abbiamo acquistati, ma il risultato era sempre negativo, finché un giorno finalmente, dopo un paio d’anni, il famigerato test risultò positivo. Eravamo molto felici perché desideravamo tanto diventare genitori. Andò tutto bene fino al giorno della prima ecografia quando scoprimmo che la gravidanza si era interrotta spontaneamente al terzo mese senza nessun preavviso.

Fu una cosa difficile da accettare, uno stravolgimento dei nostri progetti. Dopo un iniziale momento di sconforto e sofferenza ci siamo rimessi alla ricerca, ma abbiamo dovuto aspettare altri tre anni prima di avere di nuovo la gioia di un’altra gravidanza che questa volta è andata a buon fine con la nascita di Chiara (Che noi chiamiamo con affetto mostro!!). A tutt’oggi stiamo cercando di dare a Chiara una sorellina/fratellino (anche se nostra figlia dice che se è un maschio lo restituiamo a Gesù!!) ma non sappiamo se ci riusciremo.

Anche in questa situazione, come in molte altre che ci sono accadute nel corso degli anni, abbiamo imparato che il modo migliore di affrontare le sfide della vita è essere umili e accettare le difficoltà che incontriamo come opportunità di crescita personale e di coppia e occasione per fidarci del progetto che Dio ha sulla nostra famiglia, senza voler sempre essere unici protagonisti di quello che ci succede.

 

 

Tema“La fedeltà : il “ per sempre “ mi fa paura”

 

Io, Primo, accolgo te Anna come mia sposa.

Con la grazia di Dio, prometto di esserti fedele sempre, nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia, e di amarti e onorarti tutti i giorni della mia vita.

Io, Anna, accolgo te Primo come mio sposo.

Con la grazia di Dio, prometto di esserti fedele sempre, nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia, e di amarti e onorarti tutti i giorni della mia vita.

E’ la promessa che ci siamo fatti 33 anni fa.  Giovanissimi, poco più che ventenni, ma desiderosi di condividere insieme questo piccolo viaggio.

Arrivavamo da 2 realtà quasi simili con esperienze nell’ambito della parrocchia.  Io agli Scout e Primo ai gruppi parrocchiali e ci è sembrato logico e naturale continuare a dare la nostra disponibilità, insieme, anche nella nuova parrocchia in cui siamo andati ad abitare.

La parola “Fedeli” ci induce a pensare subito al tradimento con altre persone ma, quella parola, trasferita sulla coppia, ha una dose di sfaccettature non indifferente.

Nella fase dell’innamoramento non è difficile essere fedeli : diciamo che è assurdo non esserlo. La sintonia della coppia dovrebbe essere ai massimi livelli; periodo in cui non bisognerebbe nascondersi niente ; periodo in cui si gettano delle basi più o meno solide.

All’inizio della nostra vita condivisa io avevo un lavoro in cui partivo il lunedì e ritornavo il venerdì, o quello dopo addirittura. Non era affatto piacevole lasciare Anna da sola, ma lo sapevamo entrambi, eravamo consapevoli di questa situazione e la affrontavamo con la classica telefonata alla sera e con un diario per ciascuno da tenere aggiornato e leggerlo insieme il fine settimana. La fiducia era reciproca e non avevamo benché minimo bisogno di cercare qualcosa o qualcuno che si intromettesse tra di noi. Questa situazione è durata 3 anni dopo di che ho trovato un  lavoro a Vicenza e questo ci ha permesso di concederci la gioia di diventare genitori con tutti gli annessi e connessi.

Fedeltà è credere l’un l’altro, guardarsi negli occhi e capirsi,capire che con 2 nuovi pargoli non sarà mai come prima, ma noi si che siamo come prima con un bisogno di aggiornamento che tenga conto delle esigenze di Anna e di  Primo e di Anna e Primo come coppia.

Fedeltà è anche rinnovarsi per crescere insieme ; maturare.

Abbiamo cercato di dare molta importanza ai nostri valori condivisi, valori che ci siamo promessi, idee importanti da portare avanti con forza e coerenza.

Vi assicuriamo che, con dei figli, di scelte importanti nell’arco del tempo se ne devono prendere, e qui entra in gioco la sintonia della coppia che induce a portare avanti quella di un ideale già stabilito.   Per queste scelte poi ci si può fare affiancare,come abbiamo fatto in quel periodo, da altre coppie con figli per parlare, dialogare, scambiare esperienze e non chiudersi in una monotona casa vuota.  

Insieme si cresce, insieme Dio ci abita dentro e ci fa star bene.

La fedeltà per sempre implica motivazione, volontà e grinta, implica un progetto ben definito e voglia di conseguirlo. Prima di sposarci abbiamo avuto 2 anni di fidanzamento in cui abbiamo potuto conoscere i nostri difetti e fragilità, ed è impensabile volerli correggere completamente dopo. Cos’è che può rovinare una cosa così bella ?  Quale motivo può portare ad un fallimento ?

Quale cavolata che non si possa rimediare con la ragione dell’ intelletto ?

Essere fedeli, essere uniti per sempre, implica anche una buona dose di umiltà ,pazienza, perdono, affetto, gentilezze, rispetto, sostegno, disponibilità, incoraggiamento e preghiera.

Non posso dire ad Anna “ ti amo” se non traduco in azione queste parole.

La fedeltà si cura, si alimenta giorno dopo giorno con questo carburante.

La vicinanza della Chiesa e di Dio ha avuto un ruolo molto importante nella nostra vita ed abbiamo cercato di trasmetterlo  anche ai nostri figli con le  parole e  con gli esempi.

C’è stato un periodo abbastanza lungo , a causa di uno screzio con un Don, in cui siamo rimasti lontani dalla Liturgia e dalle attività.

E’ stato un brutta parentesi ,avevamo abbandonato tutto.  Alla fine,però, ci siamo resi conto che è stata una scelta sbagliata ; la fedeltà al nostro credo doveva essere un’altra cosa e così un po’ alla volta ci siamo riavvicinati ed abbiamo ricominciato a frequentare di nuovo.

Era un punto fisso,anche questo,della nostra promessa.  In questi anni gli alti e bassi ci sono stati ma il bagaglio di esperienze faceva si che ogni cosa ritornasse a posto.

Due anni fa Anna ha avuto seri problemi di salute e abbiamo dovuto rivoluzionare il menage della nostra vita per circa 4 mesi.

In questo periodo si capisce veramente il significato della frase “ nella salute e nella malattia “.

Mi sono dovuto rimboccare le maniche e fare tutte quelle cose che nemmeno pensavo di essere capace di fare.   Ma la gioia di vedere la propria sposa coccolata, viziata ed accudita è impagabile soprattutto per me che non sono molto portato con la spesa, il lavare, stirare, fare da mangiare.

Ho capito che Anna è più dell’ altra metà. Poi torna tutto a posto e capisci che c’è qualcosa di molto più grande di noi, qualcuno da ringraziare, qualcuno a cui essere fedele incondizionatamente, qualcuno da cui attingere forza.

Ogni tanto mi soffermo a guardare Anna e di pensare di ringraziarla per condividere con me questo piccolo viaggio da tanti anni.  Lei vulcano di idee, spirito mai fermo, sempre pronta al “cosa facciamo dopo?” ; io orso calmo e riflessivo sin troppo. Cerchiamo di aiutarci perché la paura del 

“per sempre” diventi la gioia del “per sempre”.

Corso per fidanzati gennaio-febbraio 2014

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