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Newsletter - Dicembre 2021

°     Un mese tutto da vivere ci saluta tutti ben volentieri. E così i più cari saluti anche a chi ci rende possibile far crescere la speranza nel cuore di tutti, per primi i cristiani, chiamati a dire il mistero del radicarsi nella storia dell’Unigenito Figlio del Padre, Gesù. Senza di Lui, proibiamoci le feste quali pretesto che Egli ci offrirebbe. E’ inutile dire Natale, se il Festeggiato viene scartato, ignorato, del tutto trascurato, se non rimane Lui l’orizzonte di luce che rende splendida la vita di chi ne segue i passi, rivolge a Lui il meglio di sé e, nel Nome Suo, compie quanto la vita gli va chiedendo, proponendo.

°   Cominciamo ad essere chiari ognuna/o con sé stesso: se di Lui non ce ne se fa niente, nessuno si metta dentro ad una festa che cerca, nella memoria di Lui, il proprio meglio riguardo a tutto: il regalo che Egli s’aspetta da noi, è proprio il nostro stesso vivere. Se te lo tieni, l’hai già rovinato, sprecato, perduto. Per il poco che possiamo sapere di Lui, perché l’abbiamo, se non sperimentato per bene, quanto meno intuito, dovremmo cederGli il tutto del nostro vivere, qualunque esso sia. Per Cristo, con Cristo e in Cristo”. Tu Gli appartieni interamente. A Lui lasceresti invece solo qualche brandello? Ti pare vincente, sensata una tal relazione? Che cosa ritieni che dia sostanza alla Tua vita? Come te la stai sviluppando, esprimendo, compiendo…?

°   E se tutto quaggiù passa e passa in tempo molto breve, ed anche in modi molto avari e amari, a che cosa mai la puoi legare la tua vita? Come fa a diventare un capolavoro sotto lo sguardo di Gesù, per amore del Suo Nome? E, partendo da qui, per amore di chi spartisci, e come?, il tuo vivere con chi fa vita con te? Che posto effettivo riservi a Lui, per Lui e per quanti fanno parte con Te?

°   Non è possibile mettere sotto esame/indagine anche solo qualche spunto della situazione che stiamo vivendo, in particolare, come chiesa oggi. Sarebbero troppe le variabili da sondare. Ho apprezzato che un vescovo, che conosco, abbia autorizzato di celebrare il matrimonio in casa, per via delle spese eccessive che avrebbe comportato quello tradizionale. Più che lanciare chissà quali novità, perché non ci si potrebbe misurare di più con i “concreti vissuti” e con questi cercar di operare? Le situazioni standard, scritte a tavolino, sono ideali, il più delle volte astratte. Le proposte che non sanno di effettiva concretezza, restano, sì e no, appena sulla carta che subito diventa straccia. La situazione delle piccole parrocchie rischia di farsi rovinosa, se nessuno offre le proprie spalle. Quelle più popolose corrono il rischio dell’anonimato e con disponibilità spesso assente e/o paralizzata. Stiamo includendo di peso i laici: non ci si può limitare a scriverne l’indirizzo. Se hanno già di loro la vita dura, non li si può pretendere. Diventerebbero appena operatori, con rinomati sensi di colpa e con l’impressione di non essere adatti. E’ inutile far riferimento alle parrocchie che avevamo anche solo 15/20 anni fa. E mi fermo, perché l’uovo di Colombo fu uno soltanto. Il bisogno più evidente, dal mio punto di vista, riguarda la quasi totale assenza di evangelizzatori, di formatori coerenti, umili, di testimoni esemplari, puro sangue, in grado di ricomporre i vistosi gap generazionali, che alimentano solo individualismi selettivi e spesso confliggenti. Si rimpiange l’assenza più che evidente di preti. Ma chi, tra i battezzati, si offre per esercitare un proprio ministero laicale?

°     Con il Natale, il grande mistero delle origini cristiane, altre festività, sono ancor più facilmente costrette a spazi vuoti, a memorie dimenticate, a vita cristiana spesso tanto assente. Le strade che conducono alla chiesa, si son fatte quasi deserte. Il Figlio dell’Eterno ci ha incluso strettamente nella Sua parentela, ci ha divinizzati, non vuole ignorarne nessuno. La speranza che Lui coltiva, rinfocoli anche la nostra, così che, nell’incontro con Lui, ne possiamo assaporare lo stesso gusto di Cielo e riprenderne la gioia che possiamo provare, quando lo sentiamo come la nostra destinazione finalmente raggiunta, luminosissima e del tutto pacificante.

°   Teniamo conto poi che un natale ha segnato la nostra comparsa qui sulla terra. Come dar seguito alla nostra vita, se non costringendola a configurarsi a quella di cui ci rende bella e buona testimonianza Gesù? E, in prospettiva, come non prepararci più che bene al sorprendente e misterioso, ma sicuro, e definitivo dies natalis nostro in Cielo? Sarà con questo giorno della nostra nascita in Cielo il vero epilogo della nostra vita qui sulla terra. Cambieremo, ovviamente condizione di vita, dove avrà fine sia lo spazio che il tempo e il tutto anche dell’esperienza religiosa. La realtà che campeggerà in tutta la sua armonia sarà soltanto agape (= l’amore di Dio, il più inenarrabile, quello che ci coronerà di salvezza incondizionata, del tutto gratuita, che vive del clima trinitario stesso. Frutto dell’amore di una madre e di un padre, capaci di tutto, il volano migliore di questa terra; un prodigio indescrivibilmente stupendo in Cielo, che ci permeerà in modo assoluto, compiutissimo. Non possiamo perderla, neppure per un attimo, già da ora, questa nostra felicissima destinazione.

°   Gli auguri, per essere tali, hanno l’unica percorrenza obbligata: devono partire dal cuore, ridare fiato alla speranza, vivificare l’aiuto vicendevole, soprattutto verso quelli che fossero obbligati a forzata solitudine. I regali di questo tempo sono un di più, dei miseri optionals, che quasi mai omaggiano chi si trova in gravose difficoltà. Sono una tacita imposizione che arriva soprattutto là dove di regali ne girano inutilmente: non servono, perché ce ne son già di troppi, di più. Sottolineano un’abbondanza impietosa, che non smuove se non i già troppo gratificati dal benessere, in cui rischiano di affogare le loro voglie più incontrollate. 

Auguriamoci sì buon Natale,

ma vediamo che tocchi, almeno mezza volta,

la gioia di prender parte a quello definitivo e più decisivo, in Cielo.

Luigino don

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